EDUCHIAMO IL GENERE MASCHILE

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La morte di Giulia Cecchettini, uccisa dal suo ex a soli 22 anni è, fatalmente, l’inizio della solita liturgia che in questi casi si mette in scena: indignazione da parte del governo, sgomento, promesse di misure draconiane un Paese che si indigna ma non cambia.
Ad oggi, l’Osservatorio “Non Una Di Meno” sui femminicidi, i lesbicidi e i trans*cidi in Italia ha registrato 90 femminicidi, 1 transcidio, 8 suicidi e 4 morti in fase di accertamento indotti o sospetti indotti da violenza e odio etero-cis-patriarcale.
La vittima più giovane aveva 13 anni, la più anziana 95. La vittima aveva un’età media di 55 anni e mezzo.
Inoltre, si contano almeno un caso con violenza o stupro prima dell’omicidio,
• 12 casi con denunce o segnalazioni per violenza o persecuzione nei mesi precedenti
3 persone uccise erano sex worker (operatrici del sesso)
• 44 figl* minori che sono rimast* orfan* in seguito al femminicidio della madre
• Nei 91 casi accertati di omicidio, il colpevole o presunto tale, ha un’età media di 54 anni e mezzo. Il più giovane aveva 17 anni al momento del delitto, il più anziano 88.
• 32 uomini colpevoli si sono suicidati subito dopo aver compiuto il l’omicidio. Altri 6 hanno tentato il suicidio.
• Nella quasi totalità dei casi, l’assassino era conosciuto dalla persona uccisa. In quattro casi l’identità dell’assassino rimane ancora sconosciuta.
• In 41 casi l’assassino era il marito, il partner, il convivente. In 14 casi, a compiere il gesto è stato l’ex partner da cui la persona uccisa si era separata o aveva espresso l’intenzione di separarsi. Negli altri casi la relazione con la vittima era: figlio, padre, cognato, genero, suocero, collega, conoscente, cliente e in un caso la madre.
In 31 casi, le vittime sono morte per accoltellamento, in 27 casi per i colpi di arma da fuoco. Altre cause del decesso sono percosse (9), soffocamento o strangolamento (10), investimento con l’auto (3), colpi da corpo contundente (3), martellate (1), maltrattamenti (1) ed altre.
In almeno 11 casi su 27 l’arma da fuoco che ha sparato era legalmente detenuta. In almeno 4 casi, si è trattato di armi in possesso di guardie giurate, forze dell’ordine, militari in funzione o in pensione.

È la cultura del possesso, dunque, che impedisce a “lui” di accettare che “Lei” possa decidere la fine di una relazione, di un matrimonio magari combinato. Quindi, se è “sua”, lo deve essere per sempre, a tutti i costi. L’Italia è un paese ancora in grave ritardo, nel percorso che porta alla parità assoluta di genere.
Le tappe storiche fin qui raggiunte: 1969, abrogazione del reato di adulterio e di relazione adultera; 1975, riforma del diritto di famiglia; 1981, abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore; 1996, lo stupro diventa delitto contra la persona e non contro la moralità pubblica; ed infine nel 2009, l’introduzione del reato di stalking Sembrano secoli, ma sono conquiste di “ieri”

Il governo ha approvato un nuovo “Dl sul contrasto alla violenza sulle donne e contro la violenza domestica” che si limita ad inasprire le pene,m senza una visione d’insieme del fenomeno, senza una prospettiva
Che fare? Quello che le donne della Cgil chiedono da sempre. Educare gli uomini. Dalla scuola dell’infanzia all’università, va chiarito loro che le donne sono persone autonome, che possono cambiare idea, smettere di amarli, innamorarsi di un altro, essere più in gamba di loro. E che questo è normale. Che non c’è nulla di umiliante a essere lasciati e nemmeno traditi. Perché tutte le persone sono libere.
Non bastano le poche ore di lezione di esperti promosse dal ministro Valditara a smantellare la “gerarchia di genere”. Serve inserire l’educazione al rispetto e all’affettività nelle scuole, vanno trovate le parole giuste, efficaci, per spiegare loro che la violenze è davvero l’ultimo rifugio degli incapaci. Quanto è fragile l’ego maschile, anni e anni persi a tentare di essere maschi alpha. Quanto tempo sprecato.
( a cura di ufficio stampa)

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Data di pubblicazione:
Autore: ufficio stampa

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